Commento

Quando gli avvocati non dovrebbero fare gli avvocati

Affidarsi solo sulla competenza tecnica può rivelarsi una trappola per i professionisti: si rischia di diventare prigionieri delle proprie abitudini e di non essere capaci di innovare

16-11-2022

Quando gli avvocati non dovrebbero fare gli avvocati

 

di Marco Michael Di Palma


Chi sono gli avvocati? Coloro che eserciterebbero determinate virtù intellettuali (intuizione, curiosità, apertura, flessibilità) e morali (pazienza, rispetto, umiltà, empatia). Coloro che sarebbero tenuti, inoltre, ad attenersi ai doveri della correttezza deontologica (autonomia, indipendenza, riservatezza). Ho avuto modo di argomentare in passato che queste qualità non sono distintive (Cos’è l’avvocato? Prove di riconoscimento, TopLegal Review, aprile/maggio 2018). Occorre partire, non dalle qualità presunte che potrebbero appartenere a qualsiasi professione, avvocato, medico, ingegnere, architetto o assistente sociale che sia, ma da funzioni particolari che gli avvocati esercitano in modo esclusivo. Quali? La ricerca di imprecisioni, equivoci, errori o motivi nascosti. Mettere in discussione presunti fatti e asserzioni o interrogarsi su motivi celati. Attività che prima o poi diventano abitudini correlate dell’osservatore acuto, iper-vigile e sensibile alle minacce, avverso al rischio e che non concede il beneficio del dubbio. 

La letteratura scientifica sulla personalità dell’avvocato ha dimensioni modeste e si ispira in larga misura alle ricerche condotte dallo psicologo ed ex avvocato statunitense, Larry Richard. Le indagini di Richard sono rivolte principalmente alla fascia dei soci, i quali avrebbero diversi tratti anomali, non solo rispetto al resto della popolazione, ma anche nei confronti di altre professioni. Richard individua fra queste peculiarità l’autonomia e l’indipendenza, la premura (urgency) e la bassa propensione alla resilienza, socievolezza ed empatia. In termini comportamentali, l’autonomia è figlia del controllo. È risaputo che i soci non amano essere gestiti né seguire le direttive degli altri (non a caso, Richard intitola la sua monografia “Herding cats”). Mentre l’impazienza e la fretta sono le principali espressioni della premura, i bassi livelli di empatia e di resilienza indicano una personalità difensiva dalla pelle sottile, poco ricettiva al cambiamento e che supera le sconfitte con fatica.

Il tratto maggiormente distintivo, tuttavia, risulta lo scetticismo. Richard calcola che i soci hanno un livello di scetticismo superiore al 90% della popolazione. L’alto scetticismo spinge a essere cinici, ultra-critici, polemici, autoprotettivi e conservatori. Richard sottolinea quanto questa mentalità sia lontana dalle caratteristiche dei leader di successo. Questi ultimi sperimentano, corrono rischi, sfidano lo status quo, inseguono il miglioramento attraverso l’innovazione e accettano gli insuccessi come opportunità di apprendimento. Inoltre, promuovano la collaborazione, fanno squadra e apprezzano l'importanza del rispetto reciproco. Data la psicologia dell’avvocato, la conduzione dello studio legale rimane una criticità. Mentre le aziende possono reclutare i propri dirigenti da qualsiasi settore, il modello associativo limita la selezione dei talenti a un pool composto esclusivamente di legali. 

È vero che la grande maggioranza degli avvocati non brama di gestire i colleghi ma di assistere i propri clienti. Basterebbero, quindi, la conoscenza tecnica e la capacità di essere imprenditori di sé stessi. Anche qui, però, gli avvocati rischiano di diventare prigionieri delle proprie abitudini e delle competenze acquisite. Lo si vede nella loro propensione a inquadrare la soluzione a qualsiasi problema affidandosi alle familiari capacità professionali di cui hanno l’assoluta padronanza. O per dirla con Maslow, avendo un martello come unico strumento, trattano tutto come se fosse un chiodo. Non solo: lo scettico rimane tale anche quando non assiste i clienti e in contesti che richiederebbero maggiore fiducia. L’avvocato che cambia panni e diventa, a sua volta, cliente o committente di un servizio, per esempio, non si ferma pertanto a fare l’avvocato. Continua a voler verificare autorizzazioni (anche se inesistenti), tutelarsi contro i rischi (remoti o improbabili) o estendere ai profani il dovere della riservatezza.

Come tutti, gli avvocati amano la prevedibilità e la certezza. Nella zona di comfort, tutto sembra familiare, controllabile, sicuro. Tuttavia, lo scetticismo che assicura la stabilità e il successo può altrettanto creare l’insuccesso attraverso la staticità e l’imprigionamento, perché il cambiamento o non serve mai, o non ha senso, o comunque non c’è tempo abbastanza. Ogni studio legale dovrebbe, invece, porsi tre domande. Di cosa ci occupiamo in questo istante? Quali nuove opportunità offre l’innovazione? Quali capacità e conoscenze servono per sfruttare queste opportunità? Ne va di mezzo la giusta lettura del mercato e delle sue esigenze.

Promemoria. La multinazionale Kodak non solo creò il prototipo della fotocamera digitale, ma investì nella tecnologia digitale e persino anticipò la domanda per la condivisione delle foto online. Non si rese conto che la condivisione digitale comportava, non un modo per ampliare il business incentrato sulle immagini per la stampa, ma la nuova attività del futuro. 

 


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