commento

Il paese delle stelle fisse

Restano blindate le partnership e continua la crescita a dismisura della fascia non equity

01-12-2023

Il paese delle stelle fisse

 

di Marco Michael Di Palma
 

Per capire cosa fanno o intendono fare gli studi legali, conviene spesso guardare a quello che non fanno. I dati parziali del nostro Lateral monitor per il 2023 danno un indizio su diverse tendenze che meritano di essere messe a fuoco. A inizio novembre, risultavano 63 passaggi di soci equity. La stragrande maggioranza di questi passaggi ha coinvolto studi medio-piccoli posizionati sul mid market. Quasi la metà dei passaggi risulta essere una de-equitizzazione. Sul versante delle promozioni, e sempre secondo dati non definitivi per il 2023, risultano 128 nomine a socio. Di queste, 113 sono stati promozioni non equity e solo 15 equity. Significa che durante l’anno in corso i soci non equity sono cresciuti ben sette volte rispetto agli equity.

Si deducono due certezze da questi dati: restano blindate le partnership e continua la crescita a dismisura della fascia non equity.

L’esplosione non equity non risulta un fenomeno solo italiano, tuttavia. Anche i colossi internazionali hanno esteso notevolmente questa categoria, ma la similitudine tra studi italiani e stranieri finisce lì. Se confrontiamo l’Italia con la piazza di Londra, per esempio, scopriamo logiche strategiche divergenti che, in tutta probabilità, determineranno le scelte decisionali nel 2024 e oltre.

Chi conosce il contesto londinese sa che, dalla crisi finanziaria in poi, è in atto una guerra aperta tra studi legali americani e britannici per contendersi i talenti legali. Gli americani hanno conquistato il predominio grazie a campagne d’acquisto aggressive a spese degli insediati del Magic Circle. Il successo degli americani è stato spinto dal boom del private equity grazie a cui insegne come Kirkland & Ellis e Latham & Watkins hanno finanziato la propria espansione fino a diventare leader della City per l’M&A. Questa crescita ha fatto schizzare il valore dei singoli avvocati, e la corsa ai lateral più quotati ha avvantaggiato gli studi legali di New York. A differenza dei full service inglesi, gli americani si sono concentrati sull’assistenza ad alto margine rivolta ai fondi, rinunciando alle specializzazioni meno redditizie che trascinano in basso i compensi dei soci più remunerati. Grazie alla maggiore redditività e un’offerta economica flessibile senza l’ingabbiamento del lockstep, gli studi americani hanno fatto incetta di tutte le stelle del private equity a Londra.

Di fronte a una crescita bassa o in rallentamento, il Magic Circle ha dovuto fare i conti con la tradizionale politica del lockstep poco competitiva. A fine 2021, tutto il Magic Circle tranne Slaughter and May aveva rimodellato il modello collegiale, passando a una proposta più duttile che comprende punteggi equity variabili aggiuntivi a prescindere dall’anzianità. Tutto a beneficio dei giovani soci più profittevoli che gli studi britannici hanno cercato di trattenere a tutti i costi.

In questa prospettiva, l’ampliamento dei soci non equity è servita a liberare risorse finanziarie per remunerare con profitti proporzionati alle entrate fatturate i soci che rendono di più. E questo con la finalità non solo di trattenere i propri giovani talenti, ma anche di sottrarre le stelle alla concorrenza.

Torniamo a noi. I non equity italiani crescono di anno in anno, mentre le stelle che cambiano studio sono davvero rare. I passaggi davvero significativi avvenuti negli ultimi dieci anni sul mercato italiano si contano sulle dita di una mano, e forse non sono neppure tanti. Perché?

Ci sono diversi motivi. Il mercato italiano è parcellizzato come pochi altri. Le stelle hanno un forte vincolo con il proprio studio perché il più delle volte sono fondatori. Rilevarle comporta assorbire tutta la compagine e spesso dover mettere mano all’insegna per incorporarne il marchio del target. Non solo. I fondatori tendono a consolidare il proprio centro di potere e salvaguardare il controllo assoluto sulla propria creatura. Il mercato italiano è, inoltre, piccolo. Si fa presto a imbattersi in conflitti quando si riuniscono più stelle nello stesso studio. Pesa anche la ritrosia verso i professionisti di grande fama per l’effetto destabilizzante che possono recare agli equilibri interni. Infine, vi è l’avversione al rischio: si scommettono difficilmente gli utili di oggi con la speranza di ottenere utili maggiori ma incerti domani.

Questi fattori creano una barriera all’instabilità del mercato e garantiscono lo status quo. Se la grande riserva dei non equity non serve ad attrarre le stelle, a cosa serve? Si intuisce che il popolo non equity sottostà a una strategia difensiva atta ad aumentare le quote degli equity senza aumentare i rischi. Le promozioni di super collaboratori frenano la defezione dei giovani talenti verso i concorrenti, tenendo altresì al riparo dall’incertezza i profitti che in questo modo non si diluiscono. Interessi ristretti, certamente, ma anche una certa lungimiranza. Più aumentano gli investimenti per attrarre i talenti, più aumentano i passaggi; più aumentano i passaggi, più occorrono investimenti. Alla fine, chi paga tutti questi costi?

 


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