Equita Group

Come ti “quoto” il legale

Tra dossier proprietari e servizi per i clienti la direzione legale fa da crocevia a un’ingente mole di lavoro. Ecco come entrano in gioco e sono valutati i legali esterni

22-03-2019

Come ti “quoto” il legale





Intermediazione, investment banking, advisory, ricerca e gestione di asset alternativi. Equita Group, gruppo quotato sul segmento Star di Borsa italiana, ha sviluppato un modello di business articolato. Un ampio portafoglio di dossier, sia sul fronte proprietario sia delle operazioni con i clienti, che porta la società ad avvalersi di diversi studi legali esterni, soprattutto per le operazioni che prevedono molta documentazione e specializzazione, come spiega in questa intervista a TopLegal il general counsel Roberto D'Onorio (in foto). La direzione legale, composta da tre professionisti, è chiamata a presidiare e supportare tutto il gruppo composto dalle società Equita Group, holding direzionale del gruppo, Equita Sim, società di intermediazione storica e investment bank, ed Equita Pep Holding, joint venture siglata con Private Equity Partners, a cui si andrà ad aggiungere una Sgr di nuova costituzione per ottimizzare le attività di gestione. La scelta è stata infatti quella di avere una direzione legale centralizzata presso la capogruppo, separata dalla funzione compliance, che supporti il gruppo su attività di corporate governance, legali e contrattuali, e che si interfacci con gli studi legali per i dossier sviluppati dal core business.

Quali le sfide legali maggiormente attuali nei comparti in cui operate?                                                                                                    In ambito finanziario, si assiste a un framework legale sempre più complesso e a un incremento del volume delle normative emanate sia a livello nazionale che europeo, guidato soprattutto da esigenze di tutela del mercato e degli investitori. Alla luce di ciò, una delle sfide principali – per direzioni legali di società, come Equita, operanti nel settore finanziario – è a mio avviso rappresentata dalla capacità di essere costantemente aggiornati su tutte le norme in vigore – e su quelle di prossima emanazione – rilevanti per il proprio business. Vi sono aree particolarmente complesse che richiedono infatti un monitoraggio attento e costante della normativa di riferimento, come ad esempio è il caso della normativa Mifid II sui servizi di investimento, che pone sugli intermediari regole di condotta e l’adozione di presidi sempre più onerosi. Stante lo scenario normativo sopra evidenziato, è fondamentale per le direzioni legali di intermediari finanziari, al fine di poter identificare e gestire prontamente i rischi legali, avere un quadro completo e costantemente aggiornato della normativa di riferimento, nazionale ed europea, agli stessi applicabile.

Quali sono le tematiche su cui richiedete la consulenza esterna?
Equita si avvale del supporto di studi legali sia per attività o operazioni “proprietarie” sia in relazione ai servizi – tipicamente di investment banking – prestati nei confronti di clienti. Ci avvaliamo del supporto di studi legali sulla base della nostra sensibilità e necessità. Normative particolarmente tecniche o delicate (come ad esempio quelle relative all’Opa, alla Mar o, più in generale, alle società quotate) richiedono un livello di attenzione maggiore, così su queste materie siamo spesso assistiti da studi legali. Parimenti, siamo normalmente assistiti nel contesto di operazioni complesse (quali, ad esempio, Ipo, operazioni sul capitale, M&a, ecc.), che richiedono altresì la predisposizione di set documentali; ciò avviene soprattutto nell’ambito della prestazione dei servizi di investment banking e dell’alternative asset management. Infine, per assicurarci di avere sotto controllo eventuali sviluppi normativi, chiediamo supporto agli studi legali per verificare che il quadro normativo di riferimento di aree particolarmente delicate non sia cambiato o non stia cambiando.

Che cosa rimane all’interno?
Il team legale è un team molto operativo e tendiamo a gestire “in casa” il più possibile, grazie alle competenze interne, anche per ragioni di efficienza di costi. Mi riferisco, ad esempio, a tutte le attività societarie e di governance, nonché di revisione e negoziazione della contrattualistica con la clientela e con i fornitori. Inoltre, ricopriamo un ruolo attivo nelle operazioni proprietarie del gruppo, anche laddove venga ingaggiato uno studio legale per assisterci, come ad esempio è avvenuto per la fusione infragruppo del 2017, per i processi di quotazione sull’Aim e poi sul Mta/Star del 2017 e 2018, per la realizzazione della Spac da noi promossa insieme a Private Equity Partners nel 2017 e, infine, per la costituenda Sgr. Ci consideriamo un partner strategico del business e supportiamo il senior management e gli altri colleghi per sviluppare nuovi prodotti e realizzare nuove operazioni, nonché per trovare e implementare soluzioni efficienti ai problemi, identificando e gestendo al contempo rischi di natura legale, contrattuale e reputazionale. Ciò presuppone una certa dose di “consapevolezza” da parte del team legale delle proprie competenze e dei propri limiti, nonché la capacità di capire quando è il momento di “fermarsi” e di confrontarsi con lo studio legale per evitare errori.

Come viene scelto il consulente?
La scelta viene condotta sulla base dell’expertise che lo studio legale, e in particolare i professionisti che vi lavorano, effettivamente hanno nelle materie di riferimento, quindi non esclusivamente sulla base del “brand” dello studio. Diamo comunque molto rilievo ai professionisti che lavorano nello studio, oltre che allo studio stesso. A volte, nel contesto di operazioni (mi vengono in mente ad esempio le Ipo), si è deciso di avere un unico studio che assiste entrambe le parti nell’operazione in qualità di “deal counsel”. In tali casi, il deal counsel viene scelto, insieme alla controparte, tra gli studi che abbiano una esperienza significativa nel tipo di operazione da realizzare.

Avete un panel? Con quale tipologia di studi lavorate maggiormente?
Non abbiamo un panel formalizzato con regole e procedure, ma ci avvaliamo solitamente di un gruppo di studi con cui c’è un rapporto di fiducia e di conoscenza reciproca. In particolare, per le attività o operazioni “proprietarie” di Equita ci avvaliamo, a seconda delle circostanze, in alcuni casi di primari studi legali italiani ed internazionali, in altri casi di studi “boutique” specializzati soprattutto nel settore regolamentare e dei mercati finanziari. Nella nostra esperienza, alcune boutique riescono infatti ad offrire competenze elevate a rates competitivi. Diversamente, gli studi di cui ci avvaliamo nell’ambito della prestazione dei servizi di investment banking e di alternative asset management sono principalmente primari studi legali italiani ed internazionali, dato che la complessità delle operazioni e la relativa tempistica di realizzazione spesso richiedono che lo studio possa da una parte offrire competenze specifiche, dall’altra mettere a disposizione un team sufficientemente ampio di avvocati. In linea generale, ci piace lavorare con professionisti che conosciamo e che conoscono a loro volta la nostra realtà e il nostro approccio al business. Siamo comunque sempre aperti a provare nuovi studi, soprattutto su tematiche innovative o che richiedono expertise settoriali.

Cosa vi aspettate più in generale dal rapporto di consulenza esterna in termini di approccio e modalità operative?                                       A mio avviso, le caratteristiche, tutte necessarie e non alternative, che uno studio legale deve avere, sono: conoscenza tecnica approfondita della normativa di settore, conoscenza delle prassi applicative, comprensione dell’operatività del cliente, e infine approccio pratico e concreto. Dando per assunto che tutti gli studi abbiano conoscenze elevate delle normative dei settori in cui operano, stante il complesso framework legale, credo che il valore aggiunto – oggi più che in passato – sia dato dalla conoscenza delle prassi applicative e degli approcci di volta in volta adottati dalle Autorità nonché dalla capacità di comprendere il business model del cliente. A ciò si aggiunge ovviamente la necessità che lo studio abbia un approccio sempre pratico e sia in grado di fornire soluzioni concrete. Va da sé che più il cliente è sofisticato e dotato di un livello di competenze interne elevato, e più l’operatività del cliente è essa stessa complessa, più si alza l’“asticella” per lo studio legale, per il quale può diventare a volte addirittura “sfidante” riuscire a fornire un servizio qualitativamente adeguato.

Nel tempo come sono cambiate le vostre esigenze a livello di consulenza legale?                                                                              Negli ultimi dieci anni sono cambiate molte cose. Anche a causa del complesso framework legale in continua evoluzione, le società si dotano di legali interni sempre più competenti, cui viene chiesto di gestire “in casa” molte attività, potendosi così al contempo ridurre parte dei costi legali. Per questo motivo, anche in ragione del limitato tempo dedicabile a ciascuna pratica, rispetto al passato allo studio legale viene chiesto di fornire pareri più snelli e sintetici, a volte anche solo telefonici, che chiariscono in maniera quasi schematica se una certa attività si può fare, con quali modalità e quali gli eventuali rischi sottesi. A mio avviso questa è in buona sostanza l’informazione chiave, se non l’unica, che serve alla direzione legale per poter gestire correttamente una pratica e guidare il business.


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