Governance

Rendicontare o non rendicontare?

La recente pubblicazione del bilancio integrato di Sza ha riacceso un faro sulla trasparenza finanziaria e sull'attenzione ai temi non financial nel mercato legale

03-10-2019

Rendicontare o non rendicontare?

 

 

Nei giorni scorsi si è diffusa una notizia che rappresenta un cambio di passo importante nelle politiche di governance del comparto legale: Sza ha presentato il rapporto integrato per il 2018. Un documento di 48 pagine che fa una rendicontazione dei percorsi di creazione di valore attraverso l’analisi del capitale finanziario, umano, intellettuale, relazionale e infrastrutturale dello studio. Uno sforzo analitico che va verso una maggiore auto-consapevolezza e senso di responsabilità verso tutti gli stakeholder. 

La scelta dello studio è decisamente di rottura, considerando che il reporting finanziario non fa progressi tra le insegne legali. In assenza di un obbligo formale di divulgare bilanci certificati, sono mosche bianche gli studi che su base volontaria scelgono la trasparenza. Tra questi c’è La Scala, lo studio trasformatosi lo scorso anno in società tra avvocati per azioni. Chiaramente, adesso per l’insegna la rendicontazione finanziaria è diventata un obbligo formale; ma ben prima che ciò accadesse lo studio aveva scelto la via della trasparenza dei numeri gestionali, certificando i propri bilanci. 

Contattato da TopLegal, il fondatore Giuseppe La Scala, ha riferito di augurarsi un giorno «di vedere organizzato - come è già avvenuto nel mondo bancario - un benchmark sui dati gestionali perché leggo la trasparenza di bilancio come una forma solidale che potrebbe aiutare a migliorare la gestione di tutti gli studi». L’elaborazione dei dati relativi ai costi strutturali, infrastrutturali, del capitale umano e di comunicazione e una relativa loro clusterizzazione per tipologia e dimensione degli studi, aiuterebbe tutti i protagonisti del comparto legale a fare un’autoanalisi e riflettere sulla propria efficienza. Secondo La Scala, si tratta di un’esigenza che dovrebbe sentire qualunque «impresa legale» perché, come sottolineato più volte, uno studio che supera determinate dimensioni dovrebbe ragionare in termini di impresa data la complessità organizzativa e il livello di sviluppo a cui arriva.

Non tutti, però, sono pronti a guardare questo tema in faccia. Anzi. Permangono numerose visioni e interpretazioni distorte intorno alla rendicontazione finanziaria degli studi legali. Secondo una prospettiva citata più volte a TopLegal il fatturato non sarebbe un dato indicativo perché, non essendo lo studio legale un’impresa, non può essere ricondotto agli stessi indicatori economici.

Secondo un’altra prospettiva la trasparenza di bilancio potrebbe addirittura generare un rischio reputazionale o far venir meno vantaggi competitivi come la retention di talenti perché rendere noto il costo del capitale umano significherebbe prestare il fianco a una mobilità di professionisti ancor maggiore di quella già esistente. C’è da dire, però, che la mancanza di trasparenza non ha certo impedito fino ad oggi ai professionisti di migrare da un’insegna all’altra. Basta, infatti, contattare un qualunque head hunter per avere le stime del mercato di riferimento.

Non solo dati financial ma anche Esg
Nell’iniziativa di Sza c’è più del solo dato finanziario. Il rapporto si sofferma in particolare su temi come innovazione e sviluppo, competenze, senso di appartenenza delle persone, cura del cliente e impegni per la sostenibilità ambientale. La decisione di includere queste tematiche è stata motivata dagli stessi co-managing partner di Sza, Marisa Meroni e Luca Guffanti, con le seguenti parole: «Fare impresa non riguarda solo lo stretto perimetro del profitto, gli indici finanziari non possono e non devono essere le uniche ragioni che orientano le nostre scelte». 

Un’affermazione di rottura, considerando che, persino nel mondo aziendale, nonostante siano già passati tre anni dal decreto che ha introdotto la dichiarazione non financial (Dlgs 254/2016), si coglie ancora la percezione di un esercizio di compliance più che di un approccio strategico. Molte società, infatti, si stanno ancora attrezzando per far diventare rilevanti le tematiche Esg nella struttura di corporate governance. È per questo motivo che colpisce ancor di più l’intento di Sza di una ridefinizione Esg (Environmental, social and governance) della governance, nonostante la totale assenza di obblighi. 

Negli scorsi mesi, il tema Esg si era già affacciato sul mercato legale quando Elexia ha deciso di ingaggiare solo fornitori che sposassero logiche volte alla sostenibilità e protezione dell’ambiente. «Una scelta etica e di business – come ribadito a TopLegal dal managing partner Giulio Graziani – poiché la sostenibilità è uno dei temi più rilevanti e ineludibili, che guidano le discussioni di economia su scala italiana e internazionale». Una dichiarazione, quella di Graziani, che fa trasparire la consapevolezza di appartenere a un sistema economico e di essere un attore economico. La stessa consapevolezza che porta anche Giuseppe La Scala ad affermare di «stare valutando un’integrazione degli Esg a chiusura bilancio 2019».

Questi esempi potrebbero dare l’abbrivio a una mutazione del dibattito sulla governance degli studi? Affinché ciò accada sarebbe certamente auspicabile un'evoluzione culturale almeno da parte dello zoccolo duro del comparto.

 

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LaScala, elexia GiuseppeLa Scala, GiulioGraziani, LucaGuffanti, MarisaMeroni


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