Le novità del project financing nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, tra incentivi per gli investimenti privati e criticità applicative

04-03-2024

Le novità del project financing nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, tra incentivi per gli investimenti privati e criticità applicative

Il project financing come modello di investimento e sviluppo economico.

In un contesto post-pandemico connotato da stringenti politiche economiche e diffuse tensioni geopolitiche emerge la sempre crescente necessità di adottare modelli alternativi di finanziamento delle opere pubbliche che incentivino la cooperazione tra pubblico e privato.

Non è un caso che già da tempo l’approccio autoritativo tipico della P.A. - nonostante le resistenze da parte dei sostenitori della retorica protezionistica - abbia ceduto il passo a forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo imprenditoriale che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio (i.e., Partenariato Pubblico-Privato o PPP) attribuendo un ruolo centrale al privato in tutte le fasi di realizzazione dell’opera e/o di erogazione dei servizi pubblici e allo Stato in termini di regolazione e controllo.

Del resto, le esigenze di equilibrio della finanza pubblica, in ossequio ai vincoli di bilancio, in uno con il necessario rafforzamento delle competenze della P.A., costituiscono fattori di sviluppo per il PPP, in grado di perseguire una maggiore efficacia nella realizzazione delle infrastrutture e nell’erogazione dei servizi, oltreché un vantaggio in termini di know how. In pratica, così come precisato dal Consiglio di Stato, “il ricorso a capitali ed energie private diventa momento quasi ineludibile nel difficile compito di garantire un’azione amministrativa efficiente ed efficace, fortemente improntata a criteri di economicità (…)” (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 3 marzo 2008, n. 1), i cui costi peraltro non rientrano nel debito pubblico.

In questa direzione si è dunque mosso il Legislatore intervenendo sulla disciplina dei  contratti pubblici, adottando il nuovo D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (“Codice”) improntato alla semplificazione dei modelli di partenariato pubblico-privato, allo scopo di favorire gli investimenti da parte dei privati.

Proprio nell’ambito della disciplina del partenariato pubblico-privato si colloca il project financing, istituto che, come noto, prevede il finanziamento e la realizzazione di opere pubbliche da parte di soggetti privati, i quali beneficeranno delle entrate economiche derivanti dalla successiva gestione delle stesse.

Infatti, se da un lato la finanza di progetto consente all’amministrazione di realizzare opere infrastrutturali senza oneri a proprio carico, dall’altro richiede che i flussi di cassa generati dalla successiva gestione siano in grado di assicurare, nel corso della concessione, il rimborso dei costi di investimento e una remunerazione del capitale investito dai soggetti privati (cd. “opere calde”).

Di regola, l’opera realizzata in project financing deve essere self-liquidating, ovvero in grado di assicurare, di per sé, la restituzione del capitale investito: in quest’ottica, il giudizio degli operatori economici sull’opportunità di avviare un’iniziativa si concentra proprio sul progetto e sulla relativa previsione di flussi di cassa, mentre si mantiene in secondo piano la valutazione sull’affidabilità e solvibilità del promotore.

Sotto tale profilo, il project financing si distingue dal leasing finanziario - disciplinato oggi dall’articolo 196 (“Locazione finanziaria”) del Codice - considerato che, mentre il primo prevede la gestione di un bene in grado di generare reddito, il secondo riguarda la gestione delle c.d. “opere fredde” (ad esempio ospedali, scuole, etc.), funzionali all’erogazione di servizi di pubblica utilità che non consentono la remunerazione diretta del capitale impiegato, in quanto senza o con limitate tariffe a carico degli utenti e, comunque, con l’obbligo per l’amministrazione di riscattare l’opera pubblica quantomeno al termine di scadenza della locazione.  

1.      Le novità del project financing nel quadro del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36.

Orbene, nell’ottica di stimolare la realizzazione di iniziative di rilevanza strategica, il Legislatore è intervenuto sulla disciplina della “finanza di progetto” con una operazione di “sfoltimento” normativo e di semplificazione dell’istituto.

2.1 Diversamente dal passato, l’istituto trova attualmente una più corretta collocazione all’interno della Parte IIDei contratti di concessione”, del Libro IV “Del partenariato pubblico-privato e delle concessioni” del Codice, essendo la finanza di progetto - come detto - una particolare modalità di finanziamento delle concessioni di opere e servizi, laddove, invece, il previgente D.Lgs. 50/2016 lo qualificava come una autonoma fattispecie contrattuale di partenariato pubblico-privato. Dalla riconduzione della finanza di progetto al contratto di concessione discende la prima significativa semplificazione normativa: l’articolo 193 del Codice non contempla più le disposizioni relative all’affidamento c.d. ad iniziativa pubblica (prima disciplinato dai commi 1-14 dell’articolo 183 del D.Lgs. 50/2016), in quanto ritenuta una “duplicazione” delle disposizioni codicistiche relative alle procedure di affidamento dei contratti di concessione.

Tra le altre novità giova poi segnalare (i) l’espresso riconoscimento codicistico della possibilità di ricorrere alla finanza di progetto anche per l’affidamento di concessioni di servizi, laddove invece il D.Lgs. 50/2016 prevedeva che l’istituto potesse essere utilizzato “per la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità” e (ii) la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di sollecitare i privati a qualificarsi come promotori di iniziative per la realizzazione anche di progetti inclusi negli strumenti di programmazione del PPP.

2.2 Significative novità si rinvengono inoltre nella disciplina del soggetto proponente. In primo luogo, al fine di incentivare investimenti in operazioni di project financing, l’articolo
193 del Codice, con una novità di particolare rilievo propulsivo, ha previsto che gli investitori istituzionali (come Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., società assicurative, casse previdenziali, fondi pensione, etc.) possano presentare proposte di project anche autonomamente, rinviando alla successiva gara l’eventuale partecipazione in forma associata ovvero il ricorso all’avvalimento o al subappalto, diversamente dal previgente D.Lgs. 50/2016 che richiedeva già in fase di presentazione della proposta il possesso dei requisiti tecnici e professionali.

Allo stesso modo, contribuisce all’operazione di “snellimento” dell’istituto anche la previsione che consente la modificazione e/o integrazione della configurazione giuridica del soggetto proponente sino alla data di presentazione delle offerte. Tale approccio risulta coerente con l’eliminazione dei riferimenti ai requisiti richiesti per gli operatori economici intenzionati ad assumere la qualifica di promotori, essendosi limitato il Legislatore a prevedere che questi ne dimostrino il possesso soltanto nella successiva fase di gara.

La medesima ratio è, altresì, sottesa alla previsione dell’obbligo di costituire una società di scopo per i progetti di valore superiore alle soglie di rilevanza europea, che costituisce una forma di tutela nei confronti dell’ordinaria attività condotta dagli investitori che potrebbe astrattamente essere impattata dall’operazione di project financing. Invero, accanto al mutamento meramente lessicale - da “società di progetto” a “società di scopo” – la norma pone un cambiamento sostanziale nella misura in cui recepisce il concetto finanziario di “special purpose vehicle”, come “veicolo” attraverso il quale gli operatori economici proponenti realizzano la separazione giuridica e finanziaria e di bilancio del progetto rispetto alle altre attività del gruppo dei promotori, nonché la ripartizione dei rischi mediante la stipula di accordi di copertura tra i promotori stessi, i finanziatori e gli altri soggetti coinvolti nel progetto.

2.3 Tra le previsioni contenute nell’articolo 193 del Codice è ribadita la necessità, conformemente alla previgente normativa, di produrre a corredo della proposta il “progetto di fattibilità”.

Tuttavia, il riferimento a tale modello progettuale potrebbe suscitare perplessità interpretative in ragione del fatto che l’articolo 41 e l’Allegato I.7 del Codice prevedono, oggi, due soli livelli di progettazione: il “progetto di fattibilità tecnico-economica” (PFTE) e il “progetto esecutivo” (PE), ove il primo (PFTE) ha sostanzialmente assorbito molte delle caratteristiche che, nella previgente disciplina, erano proprie del progetto definitivo. La circostanza che l’articolo 193 faccia riferimento al “progetto di fattibilità” (e non di “fattibilità tecnico-economica”) potrebbe dare àdito ad interpretazioni strumentali, considerato che, se correttamente inteso nei termini di cui all’articolo 41 e dell’Allegato I.7 del Codice, il progetto che il proponente è tenuto ad allegare alla proposta dovrà senz’altro contenere un livello di dettaglio progettuale notevolmente più elevato rispetto a quanto accadeva in passato e, dunque, conforme alle novità introdotte dal nuovo Codice.

2.4 Quanto all’iter procedimentale, l’articolo 193, comma 2 del Codice prevede che la valutazione della proposta (i) debba avvenire entro 90 giorni dalla sua presentazione, termine qualificato come perentorio dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Lombardia, Sezione I, sentenza 17 giugno 2020, n 1083); (ii) debba concludersi con un provvedimento espresso, soggetto a specifici oneri di pubblicazione e comunicazione e (iii) consenta un meccanismo di “dialogo” tra l’ente concedente e il proponente, il quale può indicare soluzioni progettuali alternative al fine di rimodulare il progetto e renderlo coerente con le indicazioni e le richieste espresse dall’amministrazione.

2.5 L’art. 193, comma 6, contiene poi una significativa semplificazione della disciplina delle garanzie che gli operatori devono prestare in sede di project financing. Non è più dovuta la garanzia (provvisoria) o l’impegno in tal senso, a corredo della proposta, né la cauzione a garanzia del rimborso delle spese sostenute dal miglior offerente.

2.6 In ultimo luogo, in continuità con la disciplina previgente, il Codice conferma la previsione del diritto di prelazione del proponente, anche in caso di soccombenza in gara, ove presti l’impegno ad adempiere alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario. La previsione continua ad essere oggetto di ampio dibattito in ragione della ritenuta incompatibilità del menzionato istituto con il diritto europeo e con il principio di concorrenza, tanto da aver attirato l’attenzione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (cfr. Comunicato del 12 gennaio 2022) e del Consiglio di Stato che, in sede di redazione dello schema, aveva proposto, quale soluzione alternativa (poi cassata nella versione definitiva del Codice), la previsione di punteggi premiali in favore del promotore.

2.      Considerazioni conclusive.

Sebbene il Codice abbia mantenuto sostanzialmente invariati i caratteri essenziali della finanza di progetto, dall’analisi delle novità normative emerge la volontà del Legislatore di eliminare - o comunque mitigare - le rigidità che hanno storicamente caratterizzato la disciplina del project financing.

Invero, lo sfoltimento delle procedure, accanto ad alcune importanti novità nella generale disciplina delle concessioni - quali l’eliminazione del “tetto” massimo alla contribuzione pubblica e la possibilità di modifiche alla configurazione del proponente - costituiscono senz’altro un favor per il project financing come strumento di attrazione degli investimenti privati, nonché di sviluppo e rilancio per le amministrazioni pubbliche.

Rimangono tuttavia quelle “criticità” che inevitabilmente rischiano di rappresentare un ostacolo all’effettivo rilancio dell’istituto, quali, a titolo esemplificativo, la carenza di competenze specialistiche delle amministrazioni aggiudicatrici, le lungaggini procedurali che disincentivano fortemente gli operatori privati ad avviare proposte di investimento, le difficoltà a trovare un equilibrio nell’allocazione del rischio tra i privati e le garanzie pubbliche e l’esposizione al rischio di contenziosi, responsabilità e risarcimenti.

Tuttavia, al riguardo, preme evidenziare che di recente la giurisprudenza amministrativa ha aperto le porte alla possibilità di qualificare in termini di responsabilità precontrattuale il comportamento dell’amministrazione che, dopo aver valutato positivamente il progetto, non lo abbia messo a base di gara. Ed infatti, nel caso di specie, i Giudici di Palazzo Spada hanno astrattamente ammesso la possibilità che si configuri una responsabilità precontrattuale per violazione, da parte della P.A., dei principi di buona fede e correttezza di cui all’articolo 1337 c.c., precisando tuttavia che il concorrente deve aver maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in riferimento al grado di avanzamento della procedura, e che tale affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 27 ottobre 2023, n. 9298).

Infatti, fermo restando che nel project financing occorre distinguere la fase preliminare della individuazione del promotore (fase c.d. procedimentalizzata, cui non si applicano le regole proprie del rito speciale dei contratti pubblici di cui agli articoli 119 e 120, D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104) e la successiva fase selettiva finalizzata all’affidamento della concessione (fase di gara ad evidenza pubblica), qualora venga affermata la sussistenza di una responsabilità precontrattuale il risarcimento del danno va parametrato all’interesse contrattuale negativo che copre sia il danno emergente (ossia le spese inutilmente sostenute per dare corso alle trattative), sia il lucro cessante (da intendersi come mancato guadagno rispetto a eventuali altre occasioni di contratto che la parte alleghi di avere perduto).

Dunque, per quanto si accolga con favore l’impegno profuso dal Legislatore nel rivisitare la disciplina del project financing, introducendo profili incentivanti per il settore privato, soltanto la prassi applicativa che si consoliderà nel tempo restituirà il dato realistico dell’effettivo impatto delle novità introdotte dal Codice.

 

 

PwC TLS | Avv. Francesca Isgrò, Avv. Claudio Costantino 

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