Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata

13-11-2024

Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata

1. Le misure protettive e cautelari: definizioni preliminari e novità introdotte dal terzo decreto correttivo.

La ratio del D.L.118/2021 è stata quella di fornire agli imprenditori, tramite l’istituto della composizione negoziata, la possibilità di accedere ad un percorso di risanamento dell’impresa.

Il legislatore ha previsto la possibilità, per l’imprenditore, di richiedere al tribunale competente l’emissione di misure protettive e cautelari finalizzate alla conservazione del patrimonio e, comunque, strumentali al buon esito delle trattative.

E’ lo stesso C.C.I.I. (art. 2) a fornire la definizione di misure protettive e cautelari.

Secondo la definizione dell'art. 2, lett. p), C.C.I.I., le misure protettive sono quelle “misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza”.

L’art. 2, lett. q), C.C.I.I., modificato con il terzo decreto correttivo del 13.09.2024 n. 136, invece, definisce le misure cautelari come quei provvedimenti “emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio e dell’impresa del debitore che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative, gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza e l’attuazione delle relative decisioni”.

Il terzo decreto correttivo ha introdotto, inoltre, importanti modifiche sia in merio alla documentazione da depositarsi al momento della presentazione dell’istanza di composizione negoziata sia in merito all’iter procedimentale e notificatorio della stessa istanza dissipando, così, i precedenti contrasti dottrinali e giurisprudenziali creatisi sul punto.

 

2. Le misure protettive.

L’art. 18, comma primo, C.C.I.I., novellato con il terzo decreto correttivo, prevede che “l’imprenditore può chiedere con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza… l’applicazione di misure protettive del patrimonio nei confronti di tutti i creditori oppure nei confronti di determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti, di determinati creditori o di determinate categorie di creditori”.

Il Correttivo ha modificato l’art. 18 C.C.I.I. per coordinare il contenuto con quello dell’art. 54 C.C.I.I. e per chiarire che, nella composizione negoziata, le misure protettive possono operare sia erga omnes sia in maniera selettiva, garantendo uniformità di disciplina ed assicurando la celerità e l’efficienza del procedimento per la concessione delle misure stesse. In latri termini, il legislatore ammette una situazione di selettività soggettiva dei destinatari delle misure da parte dell’imprenditore. Questi, infatti, in base al disposto dell’art. 18, 1° comma, può individuare sin dal principio i destinatari della misura o può chiedere una misura riferita all’intero ceto creditorio, per poi ridurla successivamente, in sede di conferma da parte del giudice, limitandola ad alcuni di essi, coerentemente con quanto previsto dalla Direttiva Insolvency.

L’art. 19 C.C.I.I. impone, inoltre, che l’imprenditore “con ricorso presentato al tribunale competente ai sensi dell’art. 27, entro il giorno successivo dalla pubblicazione dell’istanza e dall’accettazione dell’esperto, chiede la conferma o la modifica delle misure protettive ed entro venti giorni (in sostituzione dei trenta previsti dal testo originario) dalla pubblicazione di cui al medesimo articolo 18, comma 1, l’imprenditore chiede la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato”. Per espressa previsione di legge, inoltre, l’omesso o il ritardato deposito del ricorso comporta l’inefficacia delle misure ottenute automaticamente con il deposito dell’istanza di nomina dell’esperto.

Si evidenzia come, ai sensi dell’art. 18, comma 4, C.C.I.I., “dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’esistenza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata salvo che il tribunale disponga la revoca delle misure protettive”.

La citata disposizione prevede un impedimento temporaneo alla pronuncia di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza, che decorre da quando l'istanza di applicazione delle misure protettive viene pubblicata al registro imprese unitamente all'accettazione dell'esperto a dimostrazione della pendenza del percorso intrapreso. Il debitore è tenuto a fornire al giudice delle misure protettive un'informativa specifica di aggiornamento in ordine alla pendenza di domande per l'apertura del concorso, subite o richieste, come prevede il secondo comma.  Si è ritenuto che l'impedimento in parola operi anche per le ipotesi di estensione a soggetti terzi della dichiarazione di liquidazione giudiziale (Trib. Firenze 15.6.2022, www.osservatorio-oci.org). Prima delle modifiche introdotte con il d.lgs. 83/2022, si riteneva che l'impedimento alla pronuncia, di per sé idonea a precludere irrimediabilmente la composizione negoziata, costituisse un effetto di legge automatico operante dalla pubblicazione dell'istanza, senza necessità di conferme da parte del tribunale (Trib. Roma 3.2.2022, Trib. Mantova 1.6.2022, entrambe su www.ilcaso.it). Ancorché poco chiaramente, invece, il comma 4 dell'art. 54 C.C.I.I. prevede ora, in virtù del richiamo al precedente comma 2, "primo e secondo periodo", che l'imprenditore possa richiedere con l'istanza ex art. 18 C.C.I.I. (anche) il prodursi di tale effetto. In tal modo, quindi, la realizzazione dello stesso sembrerebbe rientrare nella esclusiva disponibilità dell'imprenditore, chiamato a formulare specifica domanda a tale riguardo. Vista la ratio del divieto, lo stesso dovrebbe operare anche nei confronti dei titolari di credito da lavoro, i quali potranno attivarsi ed ottenere soddisfazione coattiva all'esito di azioni esecutive e cautelari, visto l'esplicito esonero previsto in loro favore dal comma 3, ma non anche l'apertura del concorso. L'impedimento viene meno quando la composizione negoziata si conclude in uno dei modi elencati dall'art. 23 CCII, se la stessa viene archiviata o se vengono revocate le misure protettive nonostante la composizione rimanga in essere (App. Firenze 21.3.2023, www.dirittodellacrisi.it).

La semplice presentazione dell'istanza di composizione negoziata non è sufficiente, tuttavia, per impedire l'apertura della liquidazione giudiziale.

Come emerge dalla sentenza della Corte d'Appello di Venezia n. 1708 del 9 agosto 2023, per impedire la liquidazione giudiziale è necessario che l’istanza sia stata presentata e pubblicata nel registro delle imprese, che l’esperto abbia accettato la nomina e che l’imprenditore abbia depositato il ricorso entro il giorno successivo dalla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione da parte dell’esperto.

In mancanza di questi requisiti la liquidazione giudiziale può essere pronunciata nonostante il deposito dell’istanza.

Inoltre, come chiarito dalla Corte d'Appello di Milano con sentenza n. 1338 del 26 aprile 2023, una volta avviata la liquidazione giudiziale non è possibile convertirla in una procedura diversa.

La disciplina prevede che l'apertura della liquidazione giudiziale sia subordinata alla definizione di eventuali domande di accesso a procedure di regolazione concordata della crisi o dell'insolvenza alternative, ma non contempla la conversione in procedure diverse una volta dichiarata la liquidazione giudiziale.

Questa interpretazione è coerente con l'art. 40, comma 10, C.C.I.I. che disciplina, specificamente, i rapporti tra le diverse procedure concorsuali.

A completare il quadro delle misure protettive connesse alla composizione negoziata della crisi sopravviene, poi, l’art. 20, primo comma, C.C.I.I. che, ricalcando l’art. 8 D.L. 118/2021, aggiunge che l’imprenditore può anche dichiarare – sempre al fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi di risanamento del suo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario – che, dalla pubblicazione dell’istanza riguardante le misure protettive e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non si applicano nei suoi confronti gli artt. 2446, 2° e 3° comma, 24472482-bis, 4°, 5° e 6° comma, e 2482-ter c.c. né la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale, di cui agli artt. 2484, 1° comma, n. 4, e 2545-duodecies c.c.

Ciò conferma non solo l’automaticità dell’operare delle misure protettive, ma anche la volontà del legislatore di limitare a queste sole le misure protettive connesse alla composizione negoziata della crisi e di escludere, di converso, la possibilità di ipotizzare misure diverse e atipiche, suscettibili di essere richieste al Tribunale.

 

3. La durata massima delle misure protettive.

Tra le nuove norme della parte generale del C.C.I.I. riformato merita d’essere evidenziato l’articolo 8 d.l. 118/2021, recepito nell’art. 8 C.C.I.I., in forza del quale “la durata complessiva delle misure protettive, fino alla omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o all’apertura della procedura di insolvenza, non può superare il periodo, anche non continuativo di dodici mesi, inclusi eventuali rinnovi o proroghe, tenuto conto delle misure protettive di cui all’articolo 18”. Rileva l’inclusione della durata delle misure di cui l’imprenditore ha già beneficiato nella fase negoziale all’interno della durata massima delle misure protettive.

Ai sensi del quarto comma del nuovo art. 19 C.C.I.I. la durata delle misure protettive viene stabilita dal Tribunale in sede di conferma e non può essere inferiore a 30 giorni né superiore a 120 giorni; ma - aggiunge il 5 comma dello stesso articolo 19 C.C.I.I.- la durata inizialmente fissata è suscettibile di proroga su istanza dell’imprenditore “per il tempo necessario ad assicurare i buon esito delle trattative”, restando inteso che “la durata complessiva delle misure non può superare i 240 giorni”. Il D.Lgs 13.09.2024 n. 136, inoltre, prevede che l’esperto dovrà indicare anche “l’attività svolta e da svolgere ai sensi dell’art. 12, comma2”.

 

4. Le misure cautelari.

Nell’ambito della composizione negoziata della crisi il legislatore ha, altresì, previsto che l’imprenditore possa chiedere l’adozione di provvedimenti cautelari.

I provvedimenti cautelari collegati  alla composizione negoziata della crisi possono essere richiesti soltanto dal debitore al Tribunale competente, a seguito dell’accettazione da parte dell’esperto e contestualmente al deposito dell’istanza di conferma o modifica delle misure protettive precedentemente “scattate”, e sono anch’essi finalizzati - come le misure protettive - ad assicurare il raggiungimento dell’obiettivo del risanamento rendendosi “necessari per condurre a termine le trattative”.

Dunque, sembrerebbe che anche i provvedimenti cautelari rispondano alle stesse finalità delle misure protettive e, in conseguenza di ciò, mancherebbe la tradizionale strumentalità ad un diritto da tutelare in sede di merito, peculiarità dei veri e propri provvedimenti cautelari. C’è chi motiva tale peculiarità per il fatto che nella procedura di composizione negoziata manca del tutto il giudizio di merito, nel quale il diritto inciso dal provvedimento verrà tutelato. In realtà, secondo alcuni autori, con riferimento a tali provvedimenti, può parlarsi di “strumentalità” nella misura in cui ci si riferisca al loro collegamento col diritto dell’imprenditore di perseguire l’obiettivo del risanamento dello squilibrio patrimoniale nel quale versa.

Se così fosse la strumentalità si rifletterebbe anche sulla configurabilità dei due requisiti del fumus boni iuris e periculum in mora: il fumus è correlato alla dimostrazione della probabile sussistenza del diritto dell’imprenditore a configurare il risanamento mentre il periculum nel rischio che, non adottando i provvedimenti richiesti, il diritto al risanamento possa essere pregiudicato.

Gli esempi che si possono ipotizzare in favore dell’imprenditore vanno dalla sospensione dell’esecuzione di un contratto pendente al divieto di pubblicazione di segnalazioni alla centrale dei rischi, al rilascio del documento di regolarità contributiva (Durc) nonostante le pregresse inadempienze contributive, il tutto al fine di consentire all’imprenditore di procedere a nuove commesse.

 

5. Brevi notazioni in merito al procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa.

Sembra, ora, doveroso prendere atto dell’intento perseguito dal legislatore di mettere a punto un contenitore processuale uniforme ove le domande dirette alla conferma o modifica delle misure protettive ed alla concessione di quelle cautelari possano essere congiuntamente trattate e decise.

L’art. 19, 1° comma, C.C.I.I., come integrato dal D.L. 83/2022 prima e da ultimo con il D.Lgs 136/2024, prevede che con ricorso presentato al Tribunale competente ai sensi dell’art. 27 C.C.I.I., entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e all’accettazione da parte dell’esperto, è necessaria la conferma o la modifica delle misure protettive e, ove occorra, l’adozione dei provvedimenti cautelari essenziali per condurre a termine le trattative.

La sanzione per il mancato deposito nel termine stabilito del ricorso per la conferma o la modifica delle misure protettive si rinviene nel 3° comma dello stesso art. 19, a tenore del quale il Tribunale, se verifica che il ricorso non è stato depositato nel termine previsto dal comma 1, dichiara l’inefficacia delle misure protettive, senza neppure fissare l’udienza.

Insieme al ricorso, l’imprenditore deve depositare, oltre ai bilanci approvati degli ultimi 3 esercizi (o, se non è tenuto al deposito del bilancio, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi 3 periodi di imposta), in caso di mancata approvazione dei bilanci, i progetti di bilancio o una situazione economico patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima della presentazione della domanda, l’elenco dei creditori, individuando i primi 10 per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi P.E.C., se disponibili, o degli indirizzi di posta elettronica non certificata, un progetto di piano di risanamento, una dichiarazione circa la pendenza di istanza di liquidazione giudiziale, il certificato unico dei debiti tributari di cui all’art. 364, comma 1, la situazione debitoria complessiva richiesta all’Agenzia delle entrate – Riscossione, il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi di cui all’art. 363, comma 1, un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei rischi gestita dalla Banca d’Italia non anteriore di tre mesi rispetto alla presentazione dell’istanza.

Il legislatore con il terzo correttivo ha, infine, previsto come “nelle more del rilascio delle certificazioni previste dal comma 3, lettere e), f) e g) l’imprenditore può inserire nella piattaforma una dichiarazione resa ai sensi dell’art. 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 con la quale attesta di aver richiesto, almeno dieci giorni prima della presentazione dell’stanza di nomina dell’esperto, le certificazioni medesime”. Tale correttivo si è reso necessario in quanto gli enti preposti raramente trasmettevano le certificazioni in tempo utile al fine dell’allegazione nella piattaforma da parte dell’imprenditore.

 A seguito del deposito del ricorso, il Tribunale - entro 10 giorni (pena la cessazione degli effetti protettivi prodotti) - fissa con decreto l’udienza che si terrà preferibilmente con sistemi di videoconferenza, e le modalità con le quali detto decreto (presumibilmente insieme al ricorso) dovrà essere notificato, oltre che all’esperto, ai creditori (non indistintamente a tutti i creditori potenzialmente controinteressati, bensì) controinteressati effettivi rispetto alle misure protettive operanti o rispetto alle misure cautelari richieste.

Quanto, poi, all’identificazione dei legittimati passivi del procedimento di conferma o modifica delle misure protettive, essi emergeranno già dal ricorso introduttivo, nel quale l’imprenditore ha chiesto la conferma delle stesse misure, e comunque andranno individuati nei creditori che abbiano già esercitato l’azione esecutiva o ne abbiano annunciato l’esercizio con la notificazione del precetto, o siano intervenuti nel processo esecutivo pendente o che abbiano già ottenuto un provvedimento cautelare ancora efficace.

All’udienza fissata il Tribunale, sentite le parti e chiamato l’esperto ad esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, nomina, se occorre, un ausiliario ai sensi dell’art. 68 c.p.c. e provvede agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti o ai provvedimenti di conferma o modifica delle misure protettive, reclamabile ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c.

 

6. Il procedimento per la revoca o l’abbreviazione della durata delle misure protettive e cautelari connesse alla composizione negoziata.

L’art. 19 C.C.I.I. prevede, altresì, che le misure protettive confermate dal Tribunale possano essere in qualunque momento (e in ogni caso a seguito dell’istanza di archiviazione della composizione negoziata) revocate ovvero ne può essere abbreviata la durata su istanza dell’imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell’esperto “quando esse non soddisfino l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti”. La norma, tuttavia, nulla dispone circa il procedimento da seguire per questa eventualità limitandosi ad affermare, soltanto, che il giudice decide sentite le parti.

Ad ogni modo, sembra ragionevole ipotizzare che la voluntas del legislatore sia di applicare, anche in questo caso, in quanto compatibile, la disciplina analizzata nel paragrafo precedente relativa alla procedura di conferma o modifica delle misure protettive. Si dovrebbe, pertanto, ammettere l’operatività di quanto disposto dall’art. 19, commi 3 e 4, integrato dal comma 7: depositato il ricorso con l’istanza di revoca o di abbreviazione della durata, il Tribunale competente debba, entro 10 giorni, fissare l’udienza con decreto, nel quale saranno individuate anche le modalità di notifica ai soggetti interessati. All’udienza, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, il Giudice provvede agli atti di istruzione indispensabili rispetto al provvedimento richiesto e decide con ordinanza soggetta a reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.

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