La disciplina dei licenziamenti collettivi: criteri di scelta e legittimità della tutela indennitaria. La rilevanza della consultazione sindacale

28-02-2024

La disciplina dei licenziamenti collettivi: criteri di scelta e legittimità della tutela indennitaria. La rilevanza della consultazione sindacale

Nell’ambito delle relazioni industriali, i licenziamenti collettivi rappresentano un fenomeno estremamente complesso e significativo, tenuto conto delle profonde implicazioni sia per i lavoratori interessati che per l’azienda stessa, nonché della continua evoluzione delle dinamiche socioeconomiche. È essenziale, dunque, comprenderne la disciplina al fine di promuovere soluzioni equilibrate e in linea con la normativa vigente.

La disciplina prevista nella L. n. 223 del 1991 mira, difatti, alla tutela di un interesse collettivo, o più precisamente, la salvaguardia dell’occupazione, la quale esige, pertanto, procedure più stringenti. In particolare, il controllo del sindacato sarà diretto alla «verifica delle scelte del datore di lavoro e della legittimità della procedura sia ex ante che ex post» (Cass. n. 1965 del 2023).

Fondamentale è quindi la comunicazione del datore nei confronti delle rappresentanze sindacali aziendali, nonché alle rispettive associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, recante: i motivi che determinano la situazione di eccedenza del personale; i motivi tecnici, organizzativi e/o produttivi per i quali si ritiene di non poter evitare i licenziamenti; infine, il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente e di quello normalmente occupato. 

Terminata la procedura di informazione e consultazione, e individuati i lavoratori da licenziare in base ai criteri di scelta stabiliti nell’accordo sindacale, ovvero, in mancanza, nel rispetto dei criteri legali in concorso tra loro (carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive ed organizzative), il datore potrà esercitare il recesso e, entro i successivi 7 giorni, sarà tenuto a comunicare agli uffici pubblici competenti e alle associazioni di categoria, l’elenco dei lavoratori licenziati, con la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta.

Dopo aver brevemente ripercorso la procedura prevista dalla L. n. 223 del 1991, risulta senz’altro utile richiamare una recentissima pronuncia della Suprema Corte in materia. 

Dettagliatamente, con l’ordinanza n. 1972 del 2024, la Corte di Cassazione consolida l’orientamento che permette di limitare la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale ai soli addetti ad un determinato reparto o settore o sede territoriale ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, ferma la necessaria coerenza con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui sopra. 

Sarà naturalmente onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata, nonché le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine (sin da Cass. n. 8474 del 2005 e, più di recente, Cass. nn. 203, 4678 e 21476 del 2015, Cass. n. 2429 e 22655 del 2012, Cass. n. 9711 del 2011).

Qualora, nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell'obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali (Cass. n. 12040 del 2021).

In considerazione di quanto appena esposto, una comunicazione accurata e conforme è essenziale per garantire la legittimità della procedura e prevenire contestazioni legali da parte dei lavoratori o delle autorità competenti. Il supporto di un legale può essere un prezioso alleato per il datore di lavoro nella gestione dei licenziamenti collettivi, assicurando il rispetto delle disposizioni normative e la tutela degli interessi dell'azienda.

Infine, trattando il tema dei licenziamenti, risulta imprescindibile menzionare l’altrettanto recente sentenza della Corte costituzionale n. 7 del 2024, avente ad oggetto il dubbio di incostituzionalità circa la disciplina, meramente indennitaria, delle conseguenze sanzionatorie, che trova applicazione nei confronti dei lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015.

Invero, la Corte giustifica la differenza di trattamento sanzionatorio col richiamo alla propria giurisprudenza secondo cui il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche, qui ritenuta in concreto ragionevole in relazione alle finalità perseguite dal legislatore (favorire nuova occupazione, specialmente giovanile).

Ad ogni modo, la Corte ha ritenuto di ribadire un monito al Parlamento affinché metta mano alla situazione complessa determinata a seguito della stratificazione di discipline differenziate in una materia di così rilevante impatto sociale.

 

Per approfondimenti e dettagli:

Avv. Andrea Di Francesco

Studio Legale BDL

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