di Marco Michael Di Palma
A differenza dei loro colleghi nel Regno Unito, in Germania e negli Stati Uniti, i legali d’impresa italiani non godono del segreto professionale legale e la loro piena legittimazione istituzionale rimane incerta.
Le conseguenze non sono né teoriche né secondarie: incidono concretamente sulla capacità delle imprese italiane di gestire il rischio e competere su scala internazionale.
In assenza del segreto professionale, i pareri forniti dai legali d’impresa non sono tutelati dalla riservatezza. Questa mancanza di protezione obbliga le aziende a rivolgersi a consulenti esterni per garantire la confidenzialità, aumentando la spesa legale e rallentando i processi decisionali.
Il vero costo, tuttavia, è di natura strategica. Le direzioni legali, pienamente integrate nel contesto aziendale, rischiano di essere percepite come una funzione di supporto operativo, piuttosto che come consulenti fiduciari, proprio nei momenti in cui servono chiarezza, indipendenza e tempestività nel giudizio.
Il problema si accentua ulteriormente nel contesto delle multinazionali. I legali d’impresa con base in Italia faticano a mantenere la parità con i colleghi di altri Paesi, il cui parere legale è coperto da un regime di protezione.
Nei gruppi internazionali, ciò può tradursi in una marginalizzazione, non per mancanza di competenze, ma per una carenza strutturale di tutele.
C’è poi una sfida crescente legata al talento, che guarda con interesse a studi legali o mercati in grado di offrire maggiore riconoscimento, opportunità di carriera più chiare e un ruolo strategico più definito. L’Italia rischia così di perdere risorse legali di alto livello a favore di sistemi più moderni.
L’articolo è tratto dalla TopLegal Digital di maggio 2025 – n. 7 Registrati / accedi al tuo profilo per sfogliarla gratuitamente