Avv. Alberto Salmaso, Senior Associate di Militerni Law Firm
L’avvalimento è l’istituto giuridico attraverso il quale un operatore economico (impresa ausiliata) può soddisfare i requisiti di partecipazione a una procedura di gara, non posseduti in proprio, facendo affidamento sulle capacità tecniche, economiche, finanziarie o professionali di un altro soggetto (impresa ausiliaria), che si obbliga contrattualmente a mettere a disposizione tali risorse per tutta la durata dell’appalto.
Oltre alla forma tradizionale, l’attuale codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) prevede oggi anche l’avvalimento premiale, che si distingue perché consente di acquisire elementi oggetto di valutazione qualitativa (es. esperienze, certificazioni, know-how), non strettamente necessari per la partecipazione, ma utili a ottenere un punteggio più elevato in fase di gara, aumentando le chances di aggiudicazione.
L’avvalimento, oggi disciplinato dall’art. 104 del codice, ha ormai una vita ed un’applicazione ventennale nel nostro ordinamento, passata attraverso tre codici: la sua introduzione si è avuta con il codice d.lgs. 163/2006, in attuazione della Direttiva UE 2004/18/CE (che prevedeva, appunto, il diritto per gli operatori economici di avvalersi delle capacità di altri soggetti per la partecipazione alle gare), con conferme e progressive specificazioni nel d.gs. 50/2016 e, da ultimo, nel codice attuale.
L’istituto si colloca al crocevia di due esigenze tra loro potenzialmente in contrasto e difficili da equilibrare:
- da un lato, l’interesse pubblico a garantire che l’operatore economico che presenta l’offerta sia, in proprio, effettivamente idoneo, affidabile e adeguatamente strutturato per eseguire le prestazioni oggetto dell’appalto;
- dall’altro, l’esigenza di non comprimere eccessivamente la concorrenza, favorendo l’accesso alle gare pubbliche anche da parte di operatori economici che, pur non possedendo autonomamente tutti i requisiti richiesti, possono comunque garantire l’esecuzione del contratto mediante il ricorso a risorse e competenze messe a disposizione da soggetti terzi.
Uno degli aspetti più problematici nell’applicazione concreta dell’avvalimento, affrontato dalle commissioni di gara e dalla giurisprudenza amministrativa in innumerevoli declinazioni, è quello della portata dell’onere di indicazione specifica delle risorse e dei mezzi prestati da parte dell’ausiliaria. Tale aspetto è centrale quando l’avvalimento abbia ad oggetto un requisito di capacità tecnica o una certificazione generale, riferita all’intera organizzazione dell’impresa ausiliaria.
L’idea che sorregge l’onere di indicazione specifica delle risorse messe a disposizione nell’avvalimento è quella di perseguire l’effettività dell’apporto dell’ausiliaria, ed evitare il prestito meramente astratto, cartolare, delle risorse.
In realtà, a ben vedere – e questo è il punto centrale e più critico dell’avvalimento, per come oggi disciplinato ed applicato, a parere di chi scrive – la “messa a disposizione” delle risorse da parte dell’ausiliaria non equivale affatto ad effettivo impiego delle risorse, e quindi non garantisce l’interesse pubblico all’adeguata esecuzione dell’appalto da parte dell’operatore economico che ricorre all’avvalimento: sotto questo profilo, l’indicazione specifica delle risorse in contratto non aggiunge nulla sul piano della dimostrazione dell’effettivo aiuto all’operatore economico.
Si immagini, ad esempio, che l’impresa ausiliaria indichi con la massima precisione possibile tutte le risorse a sé riferibili, messe a disposizione dell’operatore che partecipa alla gara: i propri dipendenti, i programmi di formazione, l’organizzazione aziendale, i mezzi e le attrezzature di cui è titolare, tutto quanto possa rilevare quale know how aziendale. Queste indicazioni possono essere sì utili a dimostrare che l’ausiliaria dispone effettivamente di tali risorse, ma il fatto che siano “messe a disposizione” di chi partecipa alla gara in caso di aggiudicazione che cosa aggiunge, in tema di qualità della prestazione da svolgere, alla capacità dell’operatore ausiliato? È una messa a disposizione “a richiesta”, una disponibilità di un coinvolgimento a domanda, ove necessario?
Si comprende, quindi, che la sola messa a disposizione preventiva non si traduce automaticamente in un apporto sostanziale all’esecuzione dell’appalto.
Il problema si pone in maniera ancora più evidente quando l’avvalimento abbia ad oggetto le certificazioni di qualità, o ancora, più in generale tutte le certificazioni collegate ad una verifica e valutazione della complessiva organizzazione aziendale dell’ausiliaria, tra cui ad esempio la certificazione di parità di genere o la certificazione relativa a sistemi di gestione anticorruzione.
Le certificazioni aziendali sono previste dalle discipline di gara sia come requisiti di partecipazione, sia come elementi attributivi di punteggio alle offerte, e quindi il loro possesso (o la legittima indicazione in offerta previo ricorso all’avvalimento) diviene sovente “terreno di scontro” tra gli operatori che concorrono all’affidamento di commesse pubbliche.
È concretamente ipotizzabile una messa a disposizione, concreta ed effettiva, di una complessiva organizzazione aziendale, che ha determinato il rilascio della certificazione in favore dell’impresa ausiliaria, tale per cui il requisito, o il punteggio premiale, possa essere validamente riferito ad un soggetto diverso, che di tale organizzazione aziendale non dispone in proprio?
Come si realizza, in questi casi, l’effettività dell’apporto?
Un’organizzazione aziendale certificata può davvero essere riferita, contemporaneamente, nella vita delle imprese e durante l’esecuzione di un appalto, sia a chi ne è titolare che a un soggetto diverso, che in forza dell’avvalimento si vede “prestare” la certificazione?
La giurisprudenza sta offrendo sul tema valutazioni ondivaghe, a conferma della difficoltà del tema e della delicatezza delle implicazioni pratiche: sono aspetti che possono ovviamente condizionare in maniera essenziale l’esito di una gara o di un giudizio, favorendo un operatore a discapito di un altro.
Concludendo sul punto, il problema dell’effettività dell’apporto dell’ausiliaria nell’avvalimento non può essere risolto sul piano della mera messa a disposizione, ex ante, di risorse umane, strumentali o organizzative da un operatore all’altro, in quanto il contratto di avvalimento è per definizione astratto, dato che viene stipulato e allegato all’offerta nella prospettiva di una possibile aggiudicazione futura ed eventuale.
In questo quadro, dibattere sull’indicazione specifica in contratto è inutile e, semmai, controproducente, anche rispetto al principio del risultato oggi sancito anche espressamente dal codice dei contratti.
Allora, pur prendendo atto che l’avvalimento è irrimediabilmente un istituto imperfetto, “di confine”, dal contenuto atipico, con irrimediabili rischi e problemi connessi alle incertezze normative ed applicative, non sembra pensabile una sua eliminazione dal codice: le finalità di ampliare la partecipazione agli appalti connesse all’istituto sono un obbiettivo ormai acquisito, e non è verosimile un ritorno al passato.
Occorre quindi ragionare e provare a migliorare l’avvalimento come oggi disciplinato ed applicato, valutando soluzioni che rendano l’istituto idoneo a garantire la concretizzazione dell’aiuto di cui l’operatore economico necessita, per colmare il difetto di requisiti o di organizzazione.
Un elemento in tal senso potrebbe essere l’introduzione - quale condizione per accedere all’avvalimento nei casi in cui l’indicazione delle risorse, dei mezzi, del personale sia necessaria, e quindi in caso di avvalimento c.d. operativo, o di avvalimento avente ad oggetto le certificazioni aziendali - anche dell’obbligo in capo all’impresa aggiudicataria dell’appalto di comunicare, prima dell’inizio dell’esecuzione della prestazione, un programma operativo dettagliato, sottoscritto tra ausiliaria ed ausiliata, che indichi le modalità concrete con cui le risorse messe a disposizione verranno utilizzate nell’esecuzione del lavoro o del servizio aggiudicato.
Il programma operativo costituirebbe quindi il terreno per la verifica in concreto, da parte della Stazione appaltante, dell’effettività dell’avvalimento e dell’apporto dell’ausiliaria alla prestazione, secondo i poteri già previsti dall’art. 104 comma 9 del codice, che nella prassi degli appalti oggi risultano ancora quasi esclusivamente sulla carta, anche in ragione della sistematica genericità sul punto dei contratti di avvalimento prodotti nelle gare:
“In relazione a ciascun affidamento la stazione appaltante in corso d'esecuzione effettua le verifiche sostanziali circa l'effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto dell'avvalimento da parte dell'impresa ausiliaria, nonché l'effettivo impiego delle risorse medesime nell'esecuzione dell'appalto. A tal fine il RUP accerta in corso d'opera che le prestazioni oggetto di contratto siano svolte direttamente dalle risorse umane e strumentali dell'impresa ausiliaria che il titolare del contratto utilizza in adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento”.
Sempre a parere di chi scrive, nelle more di una possibile modifica legislativa della norma sull’avvalimento nel senso indicato, l’obbligo di concordare e trasmettere un programma operativo di utilizzo delle risorse in caso di aggiudicazione potrebbe anche essere inserito sin da subito dalle Stazioni appaltanti nei bandi di gara: tale elemento, garantendo l’effettività dell’apporto e facilitando la sua verifica, sarebbe coerente con il principio del risultato sancito dall’art. 1 del Codice dei Contratti Pubblici, e non costituirebbe un onere sproporzionato e eccessivo per le imprese, anche in quanto riservato solo all’aggiudicataria.
La previsione avrebbe poi l’ulteriore effetto utile di richiamare l’attenzione degli operatori che partecipano alle gare utilizzando l’avvalimento sulla circostanza che, una volta aggiudicata la commessa, nell’esecuzione del contratto occorrerà davvero “fare sul serio”.
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