Scenari

Covid19: lo stress test per ripartire

Analisi del portafoglio clienti e valutazione attenta dei team su cui investire sono le mosse per crescere nonostante la crisi provocata dalla pandemia

14-07-2020

Covid19: lo stress test per ripartire



Crollo verticale del fatturato e scarsa elasticità nella struttura dei costi. Un mix esplosivo che per gli studi ha significato uno stress test del proprio modello di business e operativo. La pandemia Covid19, e la conseguente gelata dell’economia, ha alzato il velo su tutte le loro vulnerabilità. Mai come ora i managing partner devono prendere coscienza della propria capacità di resistenza alle avversità e mettere in discussione le proprie strutture operative.

Nella prima fase di lockdown, la priorità è stata gestire il complesso equilibrio tra uscite ed entrate, in un contesto di forte riduzione dei fatturati, incertezza legislativa e preoccupazioni dei soci. La digitalizzazione è stata la prima risposta messa in campo. Chi era in ritardo con i sistemi di video conferenza e sulla digitalizzazione della documentazione ha dovuto recuperare in fretta per poter operare in remoto.

Nella fase due, quella della ripartenza, i managing partner dovranno evitare di navigare a vista, con un maggior controllo dei processi. Se è vero che non si può prevedere una crisi esogena come quella indotta dalla pandemia del coronavirus, di certo si può agire sulle cause endogene della propria debolezza e adottare misure per non perdere competitività.

Focus sulla liquidità
Il primo effetto del lockdown è stato lo shock sulla liquidità del sistema. Non esistono cifre precise a riguardo. Per farsi un’idea, basti considerare che Arisk, spin-off del Politecnico di Torino specializzato in revisione di conti e risk management, ha calcolato che una media impresa con un fatturato superiore a 15 milioni di euro, assimilabile per dimensione a uno studio medio grande, è arrivata a bruciare 450 mila euro nei soli primi 15 giorni di lockdown.

Anche gli studi, come le imprese, per far fronte all’erosione della liquidità hanno tagliato subito i costi indiretti e le spese più discrezionali. Ma le principali voci di costo hanno una flessibilità ridotta. In particolare, sugli studi ha pesato la voce legata agli affitti delle sedi, a seguito della tendenza a ingrandirsi in immobili di prestigio in una logica di investimento sull’immagine esterna. Con i collaboratori in smart working e la spinta (forzata) sulla tecnologia, gli studi hanno sperimentato nuove modalità di lavoro e toccato con mano nuove opportunità organizzative.

Per la prima volta hanno messo in discussione l’efficienza e l’utilità delle proprie sedi, avviando una riflessione di lungo periodo. Accanto alle misure di sopravvivenza, come la rinegoziazione dei canoni e il rinvio di nuovi progetti, si è iniziato a guardare a un modello già adottato nel mondo delle merchant bank, che permette un più efficiente ed economico utilizzo degli spazi con postazioni mobili, turnazione delle presenze e ampio ricorso alla digitalizzazione. La causa della temporanea crisi dello studio passa però in secondo piano. La focalizzazione andrebbe posta, invece, sulle sue conseguenze, elaborando scenari differenti e simulando tutte le possibili risposte. Analisi dei ricavi, valutazione dei costi e un elenco delle priorità rispetto a tutti gli stakeholder sono solo alcuni degli indicatori che possono essere presi in considerazione.

Dalla reazione alla proattività
Per far fronte al contenimento dei costi gli studi sono stati costretti a prendere decisioni strategiche che potrebbero influire sugli equilibri della partnership, a differenza di quanto si è visto nel 2008-2012, quando il peso della crisi è stato fatto ricadere soprattutto su associate e salary partner. Gli studi hanno preferito non ricorrere all’indebitamento, piuttosto ad autofinanziarsi, attingendo agli utili del 2019 o diluendone la tempistica della distribuzione e istituendo fondi solidaristici. Non tutti però hanno voluto attuare una mossa di questa portata e hanno preferito agire direttamente sul costo per il personale, congelando o riducendo bonus e stipendi per salary e staff. Sono due strategie differenti e non necessariamente complementari.


La versione integrale dell'approfondimento è consultabile su E-edicola, numero di giugno-luglio 2020 di TopLegal Review.


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